Arriva l’estate e, con essa un termine il cui suono evoca, al pari delle madeleine di Marcel Proust, il ricordo di antiche calure estive mitigate dal fresco sapore di una bibita bianca.
Tipica
bevanda degli afosi pomeriggi siciliani, le nonne lo preparavano per gli ospiti,
ma soprattutto per noi bambini.
Ricordo
ancora, come fosse ieri, la volta che aiutai mia nonna nella preparazione:
pestò le mandorle, le avvolse in una stoffa, le immerse in acqua fredda, poi
strizzò la stoffa ripetendo l’operazione diverse volte.
Il
mio aiuto? Beh, un po’ a strizzare la stoffa, ma soprattutto nella
consumazione.
Anche
della granella esausta, che mischiata allo zucchero ho poi mangiato: perché da
noi non si butta via niente!
Cresce
nel Mediterraneo orientale e nel Levante, venne introdotto in Sicilia dai
Fenici dalla Grecia (i romani lo chiamavano appunto nux graeca cioè “noce
greca”), dopodiché si diffuse in Francia, Spagna e quasi tutti i paesi del
Mediterraneo.
I
frutti di raccolgono a mano e con delle verghe (bastoni flessibili lunghi dai 3
ai 5 metri) nel periodo agosto-settembre, i semi vengono conservati per essere
poi usati durante tutto l’anno sia in cucina (pesto alla trapanese) che in
pasticceria (confetti, biscotti, pasticcini, marzapane, biancomangiare, ecc.).
L’elemento
principe rimane però il suo estratto, una bevanda molto energetica (la mandorla
contiene una significativa percentuale di proteine, preziose vitamine del
gruppo B1 e B2, magnesio, ferro e calcio) utilizzata come rinfrescante soprattutto
nelle calde estati.
Il
latte di mandorla, unica deroga alla normativa europea che vieta l’uso della
parola “latte” fuori dall’ambito animale dei mammiferi, è riconosciuto un
prodotto tipico siciliano ed è inserito nella lista dei Prodotti Agroalimentari
Tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari
e Forestali.
Si può anche trovare già pronto nei brik oppure sottoforma di sciroppi o panetti da sciogliere in acqua. Refrigerando il latte di mandorla, se ne ottiene una fra le più rinomate granite in Sicilia.
Le
sue origini risalgono al medioevo nei monasteri disseminati un po’ per tutto il
sud Italia, dove era chiamato Amygdalate dal nome del mandorlo (Amygdalus
communis L.). Era particolarmente consumato in periodo di Quaresima, perché
di origine vegetale, ma fu anche grazie alla sua facilità di conservazione che
si diffuse sia presso i cristiani che i musulmani. Il latte vaccino veniva
invece trasformato immediatamente in prodotti caseari proprio perché tendeva a
deteriorarsi velocemente.
Oggi
trova largo consumo nel commercio, soprattutto con il diffondersi della dieta
vegetariana e vegana; non contiene né lattosio né glutine, quindi può essere
consumato anche da chi soffre di intolleranza al lattosio o celiachia.
E come tutte le cose di origine greca, ecco la leggenda che ne spiega la prematura fioritura: la principessa Fillide si innamora dell’eroe greco Acamante, che però è costretto a partire per la guerra di Troia.
La
fanciulla attese l’innamorato per dieci anni e, venuta a conoscenza della
caduta di Troia, non vedendo alcuna nave all’orizzonte, immaginò che l’amato
fosse morto e si lasciò morire di dolore.
La
dea Atena, impietosita dalla struggente storia d’amore, tramutò Fillide in un
mandorlo. Demofonte ritornò e, scoperta la tragedia, andò a versare lacrime
disperate sull’albero spoglio abbracciandolo. Gli dèi, colpiti da cotanto
amore, fecero spuntare piccoli fiori bianchi dai nudi rami.
Nessun commento:
Posta un commento